venerdì 11 dicembre 2009

Sconfitta? Guardatevi attorno

RIFLETTENDO SU QUELLO CHE SCRIVE IL NOSTRO COMPAGNO CLAUDIO FAVA
In politica si può giocare a far le facce di bronzo su tutto: denari, donne, costumi privati e pubbliche virtù, conti dello Stato e della serva, sinistre, destre.
Tutto. Tranne che sulla mafia per una questione di galateo, visto che ne ha ammazzati più Cosa Nostra che al Qaeda. Le parole andrebbero sorvegliate, disciplinate, rese sobrie e meticolose. Naturalmente di tutto ciò il governo, con rispetto parlando, se ne fotte. Se ne fotte dei 3.000 morti ammazzati e del comune senso del pudore. E ci annuncia in conferenza stampa che la mafia è stata debellata per supremo editto, sconfitta, sepolta per sempre, cacciata via dai libri di storia.
Ricordo, molti anni fa, quando al prefetto di Palermo Emanuele De Francesco scappò detto che ci si augurava di battere la mafia entro la fine del secolo. Mancavano una quindicina di anni e a quel prefetto, come si dice dalle mie parti, per quelle parole avventate mangiarono la faccia. Abbiamo scavallato il secolo e il millennio, e di Cosa Nostra parliamo ancora al presente. Adesso arrivano Alfano e Maroni come il gatto e la volpe, a raccontarci la loro favoletta pur di aver in cambio qualche titolo benevolente sui TG di giornata.
Se invece i signori ministri vogliono davvero, non dico sconfiggere la mafia, ma consumare almeno qualche gesto di buona volontà avremmo un paio di suggerimenti per loro. Primo: cacciar via dal governo il sottosegretario Nicola Cosentino. Senza aspettare che siano i suoi processi come nel Giudizio di Dio nel tardo Medioevo a costringerlo alle dimissioni per cause di forza maggiore. Ci sono sei pentiti che hanno messo a verbale di lui: era a disposizione della camorra. Cosentino si sarebbe potuto difendere spendendo qualche parola netta e definitiva non su se stesso ma sul clan dei Casalesi: mai fatto. Resta il candidato più autorevole alla presidenza della Regione Campania e il beniamino di Berlusconi quando c’è da indicare al mondo la vittima di un complotto di certa magistratura (comunista).
Secondo consiglio: cacciar via dalla finanziaria l’emendamento che permetterà di restituire ai mafiosi attraverso la vendita all’asta, i beni che qualche magistrato pignolo si è fissato di confiscare. Lo sanno anche i bambini che a quelle vendite chi si presenta a pagare in cash per riprendersi villette, terreni e fabbriche saranno i prestanome dei boss. Avveniva così ai tempi in cui i motoscafi confiscati ai contrabbandieri pugliesi venivano restituiti ai legittimi proprietari con la recita di un’asta pubblica. Accadrà anche con il bottino di guerra alla mafia con buona pace di Pio La Torre e Don Luigi Ciotti.
Terzo consiglio: chiedere a Silvio Berlusconi di dire pubblicamente, battendosi il petto, che Mangano non era un eroe bensì un mafioso. Uno dei peggiori. Uno di quelli che ammazzavano con le proprie mani anche se poi al processo si faceva ritrarre per agiografia ufficiale vestito da padrino e con il bastone in mano.
Quarto consiglio: dire che questo paese ha diritto alla verità, a tutta la verità, a nient’altro che la verità. Anche se questo esercizio di virtù costerà qualche carriera politica. La verità sulle stragi, sulle menzogne, sui complici, sugli affari segreti dei servizi segreti, sui mandanti, sugli esecutori, sui reticenti, sugli opportunisti. La verità senza aggettivi. Il giorno il cui potremo soppesarla sul palmo della nostra mano, nuda e definitiva, potremmo dire di aver cominciato a sconfiggere sul serio la mafia.

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