sabato 15 maggio 2010

L'EDUCAZIONE CHE VIENE A MANCARE

Suscita un certo senso di fastidio, di fronte ad alcuni recenti episodi di cronaca che hanno visto come protagonisti gli adolescenti, sentir parlare di una generica «crisi dei valori». "Un ragazzo di 12 anni spappola la milza all'insegnante con un calcio e la manda in ospedale". Bisogna fare molta attenzione quando si parla dei cosiddetti «valori». Alcuni personaggi pubblici, ahi noi, se ne riempiono la bocca, lasciando credere che si tratti di prodotti da scaffale del supermercato, di optional che rendono tutti più forti e più buoni. In realtà essi sono i motivi che ci muovono nella vita, gli unici che possono dare un senso alla nostra esperienza terrena. Ma nella nostra società, tutto sommato adagiata sui privilegi e su un discreto benessere, non esiste una crisi dei valori. Esiste piuttosto un'emergenza educativa. Perché è proprio attraverso l'educazione che i valori vengono trasmessi. È per questo motivo che non ha senso parlare dei secondi senza prima aver fatto riferimento alla prima. I nostri educatori non sembrano più capaci di insegnare nulla. Alcune volte paiono rinunciare in partenza al loro compito, altre non riuscire a comprendere nemmeno il ruolo o la missione che gli è stata affidata. A parte le dovute eccezioni, insomma, genitori, insegnanti, preti, politici, quando non sono completamente assenti - pensiamo solo alla latitanza della figura del padre - arrancano nell'esercizio dei propri doveri educativi e pur mettendoci impegno evidentemente non riescono più a farsi ascoltare dai ragazzi. Ma l'emergenza educativa si acuisce oltremodo quando vede coinvolto il delicato periodo dell'adolescenza: quando la frattura fra le generazioni raggiunge il suo spettacolare zenith. Certo l'adolescenza è sempre stata un momento di travaglio e di transizione. Ci siamo passati anche noi e i nostri padri prima di noi. A differenza del passato, però, oggi c'è tutta una mentalità dominante che sembra avallare certi comportamenti e in un certo senso li incoraggia, anche quando l'adolescenza forzatamente si dilata e si prolunga fino ai trenta o ai quaranta. Il mondo dei media, della moda, la stessa classe politica lanciano messaggi distorti che non incoraggiano ad affrontare la vita, non preparano i giovani alle «fatiche» dell'esistenza, anzi, sovente li spingono all'inazione, al parassitismo, al reclamo permanente dei diritti. Basti pensare al concetto di meritocrazia che pare essersi dissolto, nel mondo del lavoro, ma anche in campo scolastico. Pensiamo anche alla diffusissima filosofia del «life is now», emblema del vuoto che vivono certe generazioni (e purtroppo anche molti adulti) che si lasciano persuadere dalla pubblicità di potere tranquillamente fare a meno di tutto ciò che viene prima e dopo dell'attimo presente. Ma che società potrà mai essere quella che non guarda al passato? Quale avvenire potrà avere chi è convinto di poter fare a meno della tradizione e degli insegnamenti di chi ci ha preceduto?

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